Dipendenza da gioco d’azzardo: cosa fare?
Come trattato in uno dei post precedenti, l’azzardopatia è considerata come una dipendenza che coinvolge ed affligge la persona da diversi punti di vista, creando un pericoloso circolo vizioso che coinvolge:
- il livello organico e neuronale (la dopamina è una tra le principali sostanze chimiche coinvolte),
- il livello cognitivo (la presenza di scorciatoie mentali dette euristiche, le convinzioni irrazionali e il pensiero magico sono tra le principali idee disfunzionali presenti),
- sociale (difficoltà relazionali familiari o del gruppo dei pari possono essere tra i fattori predisponenti)
- situazionale (caratteristiche ambientali, come la localizzazione delle sale da gioco e soprattutto il loro numero in una determinata area geografica, l’utilizzo di metodi pubblicitari e di richiamo).
Infine, ma non per importanza, ricordiamo che anche a livello emotivo vi è una componente significativa che contribuisce a perpetuare le giocate: il cosiddetto chasing (la rincorsa delle perdite) dettata dalla disperazione, (Lesieur, 1977).
Innanzitutto, cosa intendiamo per “gioco d’azzardo”?
Lotterie istantanee come i gratta e vinci, il Superenalotto e il Lotto (definiti giochi numerici a totalizzatore), il Bingo, le slot machines, rientrano tra i giochi puramente definiti come “aleatori”.
Il giocare d’azzardo esisteva già nell’antica Grecia, basti pensare che esistevano dei luoghi adibiti al gioco al di fuori dei quali padroneggiava la scritta “panem et circenses” (cibo e scommesse). Visto l’espandersi incontrollato delle dipendenze, già a quell’epoca dovettero emettere dei provvedimenti per controllare il fenomeno (Croce e Rascazzo, 2013).
Ma riassunto tutto ciò, quale sarebbe l’intervento più efficace per affrontare e trattare questa condizione così complessa?
In ottica terapeutica un aspetto fondamentale è la psicoeducazione. Spiegare al paziente quanto sia determinante il suo stato d’animo nella predisposizione alla giocata: renderlo partecipe di quanto accade a livello psicologico ma anche a livello neurologico (spiegare il ciclo della ricompensa o l’illusione del controllo, per esempio). Mettere nero su bianco quanto risulti fin troppo facile essere assorbiti dall’irrazionalità della superstizione prima della fatidica puntata, è il primo passo fondamentale per iniziare un percorso positivo.
In secondo luogo, anche se può sembrare “ovvio” ai più, è importante discutere con il paziente di come il gioco d’azzardo sia caratterizzato nel modo più assoluto dalla casualità: definito appunto “alea”, da cui aleatorio, ci si affida al caso e il giocatore non ha nessuna influenza sull’esito. Mettere quindi in discussione il “pensiero magico” della persona, quella parte di irrazionalità che alberga nell’animo umano nel momento in cui sta per arrivare una ricompensa -più o meno lauta-.
In molti casi risulta necessaria una terapia farmacologica integrata di supporto alla psicoterapia: è cosa saggia rivolgersi ad uno psichiatra di fiducia, il quale prescriverà il farmaco adatto (nella fattispecie un antidepressivo SSRI), tenendo presente come già detto, che la dipendenza e soprattutto l’astinenza è sovrapponibile a livello cerebrale e chimico a quanto accade in qualsiasi altro tipo di dipendenza.
E’ bene considerare che esistono diversi approcci di terapia, in molte ASL organizzano anche incontri di gruppo gestiti da educatori, medici e psicoterapeuti, i quali oltre a fornire supporto e psicoeducazione offrono la possibilità di far emergere e condividere il proprio vissuto con i presenti, andando a ricreare e implementare le capacità sociali che spesso si sono deteriorate nel decorso della dipendenza, a causa dell’autoesclusione e di uno stato depressivo reattivo alle (più o meno ingenti) perdite e compromissioni familiari.
Riferimenti:
Il gioco d’azzardo patologico. Esperienze cliniche, strategie operative e valutazione degli interventi territoriali, A. Lucchini Ed. Franco Angeli, 2016
GAP Il gioco d’azzardo patologico. Orientamenti per la prevenzione e la cura. G. Lavanco, Pacini editore, 2013
Baroncelli E. “Attualità in psicologia”, 2003
Il gioco d’azzardo patologico: inquadramento diagnostico e valutazione
Del Miglio C. e Vallecoccia S., “Attualità in psicologia”, 2003
Fenomenologia, ipotesi biologiche e trattamento farmacologico del gioco d’azzardo patologico (GAP) Giannelli G. e Smeraldi G.
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