Emozioni e bullismo: quale relazione?
La letteratura scientifica cita quanto sia importante promuovere le competenze emozionali dei bambini dal momento che queste rappresentano una sorta di “cuscinetto protettivo” contro l’insorgenza di problematiche come tossicodipendenza, disturbi dell’alimentazione e appunto bullismo nell’ età adolescenziale. Già in età precoce quindi è possibile favorire il determinarsi di una “base sicura” dove il bambino possa permettersi di esprimere anche le emozioni negative come la rabbia o la tristezza, non reprimendole, ma contestualizzandole in modo “sano”. La radice del bullismo è determinata da molteplici fattori, tra questi vi è la mancanza di rispetto e di “riconoscimento” da parte dell’altra persona: per questo motivo risulta fondamentale implementare la dimensione empatica (vale a dire la capacità di mettersi nei panni di…)
Il fenomeno del bullismo è il sintomo di un problema profondo che trova riscontro in un disequilibrio della propria considerazione di sé: un ragazzo che si atteggia da prepotente verso gli altri, solo apparentemente possiede un ego ipertrofico, capace di piegare la volontà degli altri a proprio piacimento.
Un ragazzo che sente questo “bisogno”, tanto da arrivare a compiere atti di vandalismo o agiti aggressivi verso una persona più debole, deve costruirsi lo schema di “persona vincente” e controllante come alternativa all’angoscia di risultare agli occhi degli altri un perdente. La paura di essere un perdente è inammissibile.
Per quale motivo?
Innanzitutto, è bene tenere presente che, specie in età pre-adolescenziale, o si è “popolari” o si è “sfigati”: la via di mezzo difficilmente viene ammessa. La persona sfigata è ai loro occhi debole, incapace di difendersi poiché troppo fragile, caratteristiche che, come detto prima, in un certo momento della loro vita hanno probabilmente percepito in modo talmente nitido e potente, da indurli a proteggersi dall’angosciante timore di non essere in grado di difendersi.
Le cause di questa paura, tramutata in aggressività, possono essere molteplici ma trovano spesso denominatore comune in un passato di deprivazione emotiva o di ascolto inadeguato da parte di un caregiver. Altri motivi possono ricondursi alla paura di non essere amati o accettati, o ancora alla mancanza di limiti e regole da parte delle figure di riferimento.
La difficoltà di entrare in contatto con le proprie emozioni e di riconoscere quelle altrui, ma anche l’incapacità di esprimere i sentimenti attraverso le parole, sono la base su cui si sviluppa la prepotenza: questi sono aspetti che sia la vittima che il bullo hanno in comune, unitamente alla difficoltà di fondo di mettersi in relazione con gli altri. Vi è quindi un problema sia nel riconoscere le emozioni altrui (empatia) che nel regolare le proprie (in questo caso, la rabbia e la paura).
Alcuni autori, tra cui Eisenberg definiscono “regolazione emotiva” la componente che si sviluppa per opera di un caregiver nei primi anni di vita, specificando come questa abbia particolare importanza per lo sviluppo di un adeguato e flessibile comportamento sociale. Regolare emotivamente significa che dapprincipio il bambino userà l’emozione espressa dal genitore (positiva o negativa) per regolare il proprio stato emotivo e il proprio comportamento. Successivamente nel corso dello sviluppo il bambino imparerà da sé ad acquisire maggior consapevolezza e autonomia nell’autoregolazione dei propri stati interni.
Imparare a sentire e riconoscere le proprie e le altrui emozioni è solo il primo, ma fondamentale passo per prevenire fenomeni quali il bullismo. E’ importante lavorare attivamente sin dalla più tenera età su questi aspetti, tenendo presente che chi “bullizza” spesso mette in pratica il marasma emotivo a cui non è mai riuscito a dare un nome, per questo motivo l’educazione emotiva può fungere da importante fattore protettivo.
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