“Giudizi universali”: recensione psicologica
Questo brano di Samuele Bersani, apparentemente molto dolce, si apre con l’incalzare di una melodia di pianoforte e fa presagire che si possa trattare di una canzone d’amore. In realtà, parla di una separazione. Parla di delusione, non solo verso una persona ma anche verso l’amore in generale.
Nello specifico, parla di due separazioni: la prima, una separazione emotiva e fisica, perché si evince che i due protagonisti si siano lasciati, in seguito ad una delusione da parte del protagonista, voce narrante. La seconda separazione, è la distinzione costante che il protagonista attua rispetto mente e cuore, razionale e irrazionale.
Scegliere, seguendo una ponderazione emotiva è quello che probabilmente desidererebbe -e che probabilmente ha fatto- il protagonista (e in fondo non c’è in quello che dici qualcosa che pensi, sei solo la copia di mille riassunti). La scelta di utilizzare il sentimento a discapito della ragione però lo ha condotto in una condizione di isolamento, tanto da rimanere ancorato in una realtà fantastica che probabilmente ha vissuto positivamente solo durante la propria infanzia (quando dormo taglia bene l’aquilone, togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace, liberi com’ eravamo ieri…).
Tendiamo solitamente a generalizzare, considerando che le persone siano distinte in due categorie: quelle razionali e quelle impulsive.
Le persone razionali tendono a ragionare in modo “cerebrale”, pragmatico, lasciandosi trasportare poco dalle emozioni positive o negative, tendono ad adottare degli schemi rigidi di pensiero secondo la dicotomia “o tutto, o nulla”. Agiscono in base a delle spiegazioni teoriche, che fanno proprie per proteggersi: considerano la ragione come un’ancora di salvezza rispetto il turbinio emotivo che spesso li travolge quando vivono certe emozioni, come la felicità che si vive quando si è innamorati ma anche la paura o la rabbia… mantenendo una sorta di apparente “controllo” sulle situazioni. Utilizzano il controllo razionale, appunto, per salvaguardarsi dal cambiamento che li terrorizza.
Il protagonista della canzone invece, incarna di più l’altra categoria, quella dell’aspetto impulsivo. Egli esprime la propria delusione, così come il proprio amore, in modo palese, estremo e accorato (consideriamo l’ agghiacciante asserzione: sei solo la copia di mille riassunti).
La razionalità viene meno (togli la ragione), ma non per questo egli è meno incline ad un rischio: quello di essere catapultato in un cortocircuito emotivo amplificato, che sovrasta e disinnesca l’aspetto razionale. La delusione che ne deriva è totalizzante, tanto da indurlo ad una sorta di ritiro fantastico: per tirare la maniglia della porta e andare fuori… andare fuori da dove? Dalla realtà che ci spaventa e ci ferisce? Fuori in un mondo ovattato e fantastico che ci protegge?
Ecco che alla fine la conclusione del protagonista, è una sorta di promessa a se stesso… da adesso sarò libero, nessuno più limiterà le mie emozioni e la mia fantasia… ma sarà una forma di evitamento oppure il vero raggiungimento della sua pace interiore? Chissà.
…Sono una nuvola fra poco pioverà e non c’è niente che mi sposta o vento che mi sposterà…
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