Capita talvolta, che la nostra mente si affolli di pensieri che, invece di aiutarci a ragionare per risolvere problemi o affrontare in modo funzionale alcune situazioni, contribuiscano a farci sprofondare in un baratro mentale senza fine.
Amichevolmente chiamate “pippe mentali” (scusate ma mi sembra il modo più veloce e chiaro per farmi capire senza tanti fronzoli), le distorsioni cognitive sono come un paio di occhiali che indossiamo, solamente che, invece di aiutarci a mettere a fuoco correttamente la realtà, al contrario, la distorcono, facendoci soffrire.
Se soffriamo di ansia, attacchi di panico, depressione o se molto più semplicemente siamo in situazioni scomode in cui non ci sentiamo a nostro agio, ecco annidarsi nella nostra mente e in maniera sempre più ridondante, queste distorsioni. Si presentano spesso sotto forma di “short exclamatory sentences” (brevi frasi esclamative) che iniziano perlopiù con “E se…” , oppure il significato di fondo suona più o meno come “Vedrai che tanto non ce la farò mai!”, “Farò una figuraccia!”, “Sono un debole!” ecc.
Nello specifico, alcune tra le distorsioni riconosciute sono:
DEDUZIONE ARBITRARIA: trarre conclusioni arbitrarie in mancanza di evidenze certe o sufficienti. Ad esempio, se vedo un amico mentre sto passeggiando e questo non mi saluta, la vocina mi dirà “Non ha voluto vedermi”, quando magari l’altro semplicemente non mi ha visto.
ASTRAZIONE SELETTIVA: se mi trovo in classe e alzo la mano per fare un intervento e vedo due compagni distratti, penserò in maniera distorta che “tutti erano annoiati”, con un significato di fondo che mi ricorda incessantemente quanto io non sia una persona interessante.
IPERGENERALIZZAZIONE: se litigo con un amico o con la mia ragazza e penso “Io non andrò mai d’accordo con nessuno”, oppure “rimarrò solo perché non so creare relazioni durature”, con un significato di fondo io sono sbagliato.
MINIMIZZAZIONE O INGIGANTIMENTO: se rispondendo ad un questionario non riesco a rispondere a due domande su trenta e penso “questo test sarà un disastro”, oppure “non riuscirò mai a rispondere correttamente a tutte le domande!”
PENSIERO DICOTOMICO: dicotomia significa “rigida suddivisione in due parti”. In questo senso il pensiero dicotomico è riferito al “tutto o niente”, per cui una persona può ritrovarsi a pensare “o prendo 30 all’esame oppure rifiuterò il voto”, con la credenza personale che i voti al di sotto del 30 equivalgano a non valere abbastanza.
PENSIERO CATASTROFICO: come suggerisce il nome, equivale al pensare che in futuro (o per un’attività che devo svolgere) tutto andrà male e che non ci sarà modo di uscirne.
LETTURA DEL PENSIERO: essere convinti che le persone abbiano determinati pensieri o che provino determinate emozioni, spesso a nostro svantaggio o danno: in realtà proiettiamo nelle altre persone i nostri timori personali.
Si chiamano appunto distorsioni perché sono influenzate o manipolate dal nostro umore, dalle emozioni che proviamo (ovviamente negative come la paura, la rabbia e la vergogna). Succede che, se siamo tristi e siamo certi che tanto andrà tutto male non saremo in grado di predisporci bene verso ciò che avverrà in futuro. Arriveremo al punto che anzi: succederà un disastro.
Eppure siamo noi a contribuire, senza ovviamente volere, a far sì che accada.
Come? Per esempio non impegnandoci in un certo compito temuto, quanto saremmo stati in grado, oppure lasciandoci lacerare dalle auto-denigrazioni (per es. non riuscirò mai a vincere questa gara) e quindi partendo in netto svantaggio mentale e di conseguenza fisico. Si tratta in pratica di un auto-boicottamento.
In termini psicologici questo circolo vizioso viene definito profezia autoavverante.
Insomma, più “distorco” e più probabilità ci sono di predisporre il terreno insalubre su cui dovremo camminare, affondando sempre di più nella negatività.
Riferimenti:
- Principi di terapia cognitiva. Un approccio nuovo alla cura dei disturbi affettivi. A.T. Beck (Casa Editrice Astrolabio, 1984)
- Ragione ed emozione in psicoterapia. A. Ellis (Casa Editrice Astrolabio, 1989)