Federica Merlini

Neuroni a specchio ed empatia

merlini_neuroni specchio

I neuroni specchio sono un’importante scoperta neurobiologica italiana.

Che cosa sono i neuroni a specchio e perché rappresentano una svolta determinante nello studio delle relazioni interpersonali e nella capacità di “sentire” emotivamente l’altro?

Circa 30 anni fa, un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma coordinato dal dott. Giacomo Rizzolatti si stava occupando dello studio della corteccia premotoria. Avevano collocato degli elettrodi in una particolare zona della corteccia cerebrale di un macaco per studiare i neuroni specializzati nel controllo dei movimenti della mano, come il raccogliere o il manipolare oggetti. Durante ogni esperimento veniva puntualmente registrato il comportamento dei singoli neuroni nel cervello della scimmia mentre le si permetteva di accedere a frammenti di cibo, in modo da misurare la risposta neuronale a specifici movimenti.

Solamente grazie al “caso” questa meravigliosa scoperta dei neuroni a specchio venne a galla: mentre uno sperimentatore prendeva un frutto da un cesto situato nel laboratorio, alcuni neuroni della scimmia che osservava la scena reagirono e questa attività venne registrata dai macchinari.

Come poteva essere accaduto questo, se la scimmia non si era mossa?

Fino a quel momento gli scienziati e tutta la ricerca esistente pensava che quei neuroni si attivassero soltanto in seguito all’esecuzione pratica di azioni motorie. Dapprincipio gli scienziati pensarono che si trattasse di un guasto nella misurazione, ma tutto risultò regolare e le reazioni si ripeterono non appena fu ripetuta l’azione intenzionale di afferrare.

Cosa era successo nel cervello di quel macaco?

In primo luogo, la scoperta dei neuroni specchio risolve un problema filosofico che era rimasto senza soluzione per centinaia di anni, il problema dei qualiacome è possibile accedere alla esperienza soggettiva, interna e privata di un’altra persona?

In secondo luogo, ci spiega quali aree del cervello e dunque quali variabili dipendenti, possono essere prese in considerazione per gli studi sull’empatia (la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona).

Infine, è importante sapere che queste cellule non entrano in gioco solo nel caso del movimento osservato, ma anche delle sensazioni e emozioni interpersonali.

Senza scendere in spiegazioni organiche approfondite, tutta la serie di esperimenti che vi seguirono, attestarono che
i neuroni specchio fungono innanzitutto da mediatori per la comprensione del comportamento altrui. Ad esempio, un neurone specchio che si attiva quando la scimmia strappa un pezzo di carta, si attiva anche quando la stessa scimmia ne vede un’altra fare lo stesso gesto o anche se solo sente il rumore della carta strappata, senza informazione visuale. 
Questo significa che il meccanismo speculare sembra attivarsi anche quando non siamo in condizione di assistere direttamente all’azione compiuta dall’altro, ma ne percepiamo solo i rumori o la semplice descrizione a voce che ci viene data (Kohler; Buccino, 2005; Tettamanti).

Ci siamo mai chiesti come mai quando stiamo guardando una partita di calcio e ci sentiamo particolarmente coinvolti, nel momento in cui l’attaccante si trova dinnanzi alla porta avversaria, ci viene spontaneo ed automatico sollevare la gamba come se fossimo noi sul punto di calciare per effettuare il tiro decisivo?

La caratteristica di questi neuroni sarebbe quindi quella di eccitarsi sia quando un soggetto compie
una determinata azione, sia quando è un altro a compierla davanti ai suoi occhi (Rizzolatti, 2006).

Come detto all’inizio però, questi neuroni fungono da “specchio” non solo nelle azioni interpersonali prettamente motorie, ma anche nelle situazioni emotive. Secondo questo principio, per alcuni scienziati, la scoperta dei neuroni specchio potrebbe spiegare il fenomeno dell’empatia rivelandone quindi una presunta base biologica, dal momento che le strutture neuronali coinvolte quando noi proviamo determinate sensazioni ed emozioni sembrano essere le stesse che si attivano quando attribuiamo a qualcun altro quelle “stesse” sensazioni ed emozioni, consentendoci di cogliere il vissuto altrui solo “a distanza”.

Ritornando all’esempio prima citato del calciatore, ci viene “spontaneo” allungare il piede per calciare l’ipotetica palla se a livello emotivo siamo fortemente coinvolti dalla medesima situazione in cui si trova la persona che stiamo osservando e quindi quando siamo spinti da una motivazione e da un’emozione, che verosimilmente è la stessa della persona che stiamo per emulare.

 

Riferimenti: