Federica Merlini

Quanto ci fa paura il cambiamento? La verità, di Brunori Sas.

Un brano, che a primo ascolto sembra una canzonetta leggera dei giorni nostri nasconde una serie di messaggi su cui vale la pena riflettere. Non è la prima volta che alcuni cantautori, celando tra le righe dei loro brani riflessioni molto profonde, ci mettano di fronte ad illuminanti verità, talvolta scomode, altre volte quasi terapeutiche. Certe canzoni possono essere un brodo caldo per l’anima o il grido forsennato di una voce che non riusciamo più a contenere: uno sfogo deliberato, una carezza sulla testa, un caldo nido in cui rifugiarsi prima di addormentarci.

La verità, di Brunori Sas, contiene un po’ di tutto questo. Ma quale verità ci vuole raccontare, Brunori? La sua, ovviamente. E per quale motivo è arrivata a far parte del blog di un sito che parla di psicologia? Perchè parla di paura, la paura che abbiamo di soffrire e di provare dolore: ci fa paura il cambiamento, poiché esso fa inevitabilmente parte della vita e spesso lo soffochiamo oppure tendiamo a frenarlo.

La verità, è che ci fa paura.

Young, nel suo libro “Reinventa la tua vita” parla proprio di questo, di come l’essere umano tenda ad opporsi al cambiamento e di come perciò continui a riperpetuare gli errori o a rimanere fermi in una pozza di acqua più o meno stagnante, dal momento che questa situazione ci dà un’ impressione (erronea) di equilibrio e “stabilità”. Ripetiamo i nostri modi abituali di reagire, pensare, relazionarsi, poiché li riteniamo “giusti”: in realtà sono solamente più conosciuti. Sono semplicemente a noi più familiari.

Secondo il nostro modo “erroneo” di pensare, in modo implicito, riteniamo che sia molto meglio rimanere fermi nei nostri modi conosciuti di affrontare la vita (interiorizzati in un’età molto precoce), piuttosto che affrontare nuovi modi di pensare e agire, probabilmente più efficienti, ma sicuramente meno conosciuti.

Non siamo masochisti, questo no: è che cerchiamo di evitare la sofferenza, uno stato sicuramente non facile da sopportare, ma che è spesso linfa vitale utile per elaborare e superare certi ricordi dolorosi del passato. Occorre passare attraverso la sofferenza e a tutte le emozioni negative come la vergogna, la rabbia, la tristezza… per poi riuscire a prenderne le distanze.

Il bisogno dell’approvazione sociale a discapito della realizzazione di altri bisogni primari, come il bisogno di sentirci “al sicuro”e accuditi (vedi Teoria dell’attaccamento di Bowlby) emerge nella seguente strofa: Te ne sei accorto no / che non c’hai più le palle per rischiare /di diventare quello che ti pare / e non ci credi più / Ma l’hai capito che non ti serve a niente / sembrare intelligente agli occhi della gente (…)

Il rischio calcolato che ci illudiamo di avere quando soffochiamo le nostre emozioni negative (che si condensa nel pensiero: non facciamoci vedere soffrire altrimenti sembreremo dei deboli!) in realtà è un collare che ci sta molto stretto, perché prima o poi, la verità, salterà fuori. E se non salterà fuori con la voce o con le lacrime, uscirà in modo prepotente attraverso il nostro corpo, sottoforma di malessere, cefalee, gastriti, attacchi di panico, insonnia…

Il rischio calcolato, fortunatamente, non ci basterà più, perché le emozioni non si possono gestire (intese come controllate), ma vanno fatte fluire. Non siamo macchine a controllo numerico: per nostra natura non ci possiamo accontentare di una vita solamente mediocre.

Fa paura cambiare, fa paura l’idea di dover soffrire, ma è molto peggio il lungo termine di una frustrazione che ci porta a rimanere immobili.

Lo dicono gli psicologi e lo dice anche Brunori: in fin dei conti “morire serve anche a rinascere”.

 

Te ne sei accorto, sì
Che parti per scalare le montagne
E poi ti fermi al primo ristorante
E non ci pensi più
Te ne sei accorto, sì
Che tutto questo rischio calcolato
Toglie il sapore pure al cioccolato
E non ti basta più
Ma l’hai capito che non serve a niente
Mostrarti sorridente
Agli occhi della gente
E che il dolore serve
Proprio come serve la felicità
Te ne sei accorto, sì
Che passi tutto il giorno a disegnare
Quella barchetta ferma in mezzo al mare
E non ti butti mai
Te ne sei accorto no
Che non c’hai più le palle per rischiare
Di diventare quello che ti pare
E non ci credi più
Ma l’hai capito che non ti serve a niente
Sembrare intelligente
Agli occhi della gente
E che morire serve
Anche a rinascere
La verità
È che ti fa paura
L’idea di scomparire
L’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà finire
La verità
È che non vuoi cambiare
Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
A cui non credi neanche più
La verità è che ti fa paura
L’idea di scomparire
L’idea che tutto quello a cui ti aggrappi prima o poi dovrà morire
La verità è che non vuoi cambiare
Che non sai rinunciare a quelle quattro, cinque cose
A cui non credi neanche più.