Nel 1964 Gianni Rodari scrisse un libro.
Una piccola raccolta di poesie e filastrocche che con estrema eleganza e raffinata gentilezza trasmetteva un importante concetto, cioè che “gli errori non stanno nelle parole, ma nelle cose” e che solamente attraverso la “grammatica della fantasia” si può ritornare ad avere il pieno possesso delle parole.
Al giorno d’oggi, dopo gli studi e le teorizzazioni della Dott.ssa Daniela Lucangeli, (esperta di psicologia dell’apprendimento) nonché di numerosi altri esperti in scienze cognitive, questo libro rappresenta un embrionale pietra miliare del rapporto tra scienze cognitive ed emozioni nell’apprendimento.
Rodari fu il precursore che narrò attraverso questo piccolo gioiello come l’esperienza dell’errore debba essere percepita come un’opportunità per evolversi e non come un peccato da condannare.
In una società dove la persona viene rappresentata e catalogata secondo un’ottica valutativa, il rischio è che passi in secondo piano la qualità, ma soprattutto l’utilità delle informazioni apprese.
In un’ottica qualitativa diventa rilevante non focalizzarsi sull’errore bensì sul procedimento che porta alla risposta corretta, considerando il fatto che desensibilizzare all’errore attraverso il compiere errori, crea consapevolezza.
Il Prof. Paolo Perticari, docente di Pedagogia Generale all’Università di Bergamo venuto purtroppo a mancare precocemente lo scorso anno, in una trattazione pedagogica spiegava proprio questo, cioè come “l’errore ci porti sul cammino dell’accettazione, dell’esplorazione e della mutua correzione, nella consapevolezza di non voler fare di ognuno di noi una macchina banale che adotta risposte sempre prevedibili”.
Apprendere, mantenendo l’entusiasmo della scoperta rappresenterebbe la soluzione per riuscire ad imparare senza essere mortificati dal timore di compiere l’errore ed essere marchiati con la penna rossa.
Meravigliarsi del mondo e farsi sorprendere dalle scoperte passo dopo passo è quello che ci motiva a voler sapere sempre di più: solamente mantenendo questo atteggiamento riusciremo a sfuggire dal preconfezionamento di risposte banali e dall’angosciante paura del giudizio che invece di renderci competenti talvolta ci porta in uno stato di chiusura o di evitamento.